Capita a tante persone di trovarsi in difficoltà davanti a un sentimento, un’emozione o stato d’animo che non si riesce a gestire. A volte succede quando meno ce l’aspettiamo. Capita magari quando siamo sereni e ci diciamo: “finalmente un momento di tranquillità”. Ecco che, all’improvviso, qualcosa che arriva dall’esterno ci provoca, ci turba e la nostra serenità svanisce.
Oppure siamo presi da qualcosa che ci interessa e che ci appassiona e dobbiamo allontanarcene per fare altro che non ci piace. Siamo, insomma, richiamati dal senso del dovere e questo ci fa cambiare umore. Oppure può essere che ci sentiamo depressi o stanchi o apatici addirittura. Potrebbe succedere qualcosa di difficile da gestire e l’ansia prende il sopravvento.
Qualcuno che ci spinge, che pretende troppo da noi, che ci giudica (sbagliando giudizio) e questo ci scoraggia oppure ci fa infuriare. Cosa possiamo fare quando ci sentiamo lontani dal nostro equilibrio e dalla serenità emotiva?
Quando vorremmo essere pacifici e non ci riusciamo; quando vorremmo esprimerci in modo “ecologico” – quindi non dannoso né per noi né per gli altri – ed invece o reprimiamo o esplodiamo. Quante volte vorremmo vivere la nostra vita, le nostre emozioni e occuparci di quello che ci piace e invece mille interferenze si frappongono tra noi e i nostri desideri?
Il primo passo da fare consiste nel renderci conto di cosa stiamo provando. Nella maggior parte dei casi cerchiamo di non sentire, ci anestetizziamo facendo tante cose, riempiendoci di impegni. Quando siamo oberati di impegni e di cose da fare rimane difficile prenderci cura di noi stessi e di quel che proviamo.
Ad esempio, Denise (una donna di 40 anni che ho conosciuto nel mio studio) da quando si è separata, non ha più un momento libero per se stessa. Odia stare in casa da sola e quindi si riempie l’agenda con ogni sorta di corso e impegno possibile. Prima la sua vita non era così piena. Anzi, forse lei e il suo compagno sono arrivati alla separazione per la noia e per la mancanza di interessi in comune. Ora che è tornata libera ha molto spazio da riempire.
Non riesce ancora a prendersi cura di sé, soffre per quella ferita causata dalla fine della sua storia e cerca di stordirsi con molte attività. Questo è un atteggiamento comune: si pensa che facendo tante cose, avendo tante distrazioni, riempiendo il tempo della giornata, si riesca a soffrire meno e a dimenticare più velocemente soffocando le emozioni.
Quello che accade, invece, è che la ferita rimane lì sotterrata dai sentimenti e quando meno uno se lo aspetta essa torna a fare male. Io dico che vale sempre la pena di prendersene cura, di guarire la ferita, per scoprire quali doni tale guarigione può offrire.
Ora che la relazione è finita Denise ha voglia di riprendersi le sue amicizie e i suoi interessi persi durante il rapporto: infatti, per troppa compiacenza verso il suo partner, ha rinunciato alle sue passioni e interessi così importanti prima di conoscere lui. Il primo passo della guarigione, nel caso di Denise è stato quello di imparare, un passo alla volta, a sentire di nuovo le emozioni, congelate dalla fine della relazione e dallo shock vissuto.
Denise è arrivata da me perché si è resa conto, dopo qualche mese di vita frenetica, di essere sempre più lontana da se stessa. Di essere stressata e (da come si relaziona con gli uomini che incontra) si è resa conto di quanto sia cambiata e di aver perso completamente la fiducia in loro.
Come secondo passo della guarigione considererei l’accorgersi di essere in difficoltà a causa di emozioni non espresse o di una relazione che ha bisogno di essere completata e perfezionata. La relazione è già finita ma dentro di lei è rimasto ancora il lutto, lo shock della fine. Il fatto di non riuscire più a stare in casa da sola ne è la prova. Inoltre il suo mutato atteggiamento verso gli uomini a lungo andare potrebbe essere la primaria difficoltà a iniziare una nuova relazione e una vita nuova e più soddisfacente.
Nel mio lavoro di Counseling Esperienziale e Relazionale do la massima importanza ai messaggi del corpo. Sappiamo che solo il 7% della comunicazione si trasmette attraverso le parole; il 38% da tutti i componenti che riguardano la voce, il tono e la cadenza. Il restante 55% riguarda la parte non verbale, la postura, la mimica e la gestualità.
Quindi, al di là di quello che trasmettiamo con le parole, quello che veramente arriva agli altri quando comunichiamo è tutto il resto: il tono con cui parliamo, le emozioni che esprimiamo, i movimenti del corpo. Risulta quindi fondamentale il rapporto tra noi e il nostro corpo, tra noi e il nostro sentire.
Prova a fare caso: mentre leggi queste righe come sta il tuo corpo? Senti qualche sensazione piacevole, rilassamento e benessere? Oppure senti tensione? Se sì, prova con qualche respiro un po’ più profondo del normale a rilassare quella tensione. Con delicatezza, senza pretendere niente. Come se volessi veramente accettare quel che prova il tuo corpo e aiutarlo a stare meglio.
Occorre far attenzione a quello che si sente nel corpo e permettersi di viverlo. A volte ci vuole un grande coraggio a fare questo e va fatto un pezzettino alla volta, meglio con l’aiuto di un professionista capace. È molto più facile parlare, dialogare, comunicare stando nella parte verbale, a volte anche profonda, ma che è, spesso, staccata dal sentire che io intendo.
Quando colleghi il parlato con la percezione profonda, la tua consapevolezza aumenta e potresti avere delle belle sorprese attingendo a parti di te con cui non ti eri ancora collegato che probabilmente ti faranno trovare delle soluzioni inaspettate ai problemi che ti affliggono.
Troverai risorse che neppure tu potevi sospettare di avere dentro di te. Se abbiamo causato problemi con la nostra mente sarà difficile risolverli ricorrendo unicamente ad essa: la parte che causa il problema non lo potrà risolvere!
Denise sentiva nel corpo delle vibrazioni e dei tremori, soprattutto la notte, nell’immobilità del suo letto. Il suo corpo aveva evidentemente bisogno di essere ascoltato. Denise ha imparato ad ascoltarlo con amore e attenzione. Un giorno alla volta è riuscita a rallentare il ritmo, a non confondersi più con le mille cose da fare, a sentire i suoi più veri e profondi bisogni e, per quanto possibile, ad appagarli.
L’altro passo di guarigione è stato osservare la storia di Denise rispetto alle emozioni: come è andata la sua vita di relazione e soprattutto la sua infanzia? Abbiamo ripercorso insieme la sua storia – non come mero esercizio intellettuale e nemmeno per biasimare o incolpare nessuno – bensì per conoscere finalmente la sua bambina interiore, innocente e vulnerabile: darle spazio, potersi esprimere, essere vista finalmente. L’abbiamo ascoltata.
Denise ha imparato a prendersi cura di lei e dei suoi bisogni primari. Quello che non ha ricevuto nella sua infanzia glielo dà ora Denise stessa. Quando Denise ha paura e si sente abbandonata ora sa che deve prendersi cura di quella parte con amore e rispetto. La sua storia di abbandono parte dalla sua infanzia, quando la madre era tutta presa dai suoi impegni e il padre autoritario era sempre via per lavoro e quando era presente trattava tutti male.
Denise ha imparato molto presto ad essere indipendente; potersela cavare da sola era per lei fonte di orgoglio. Aveva però bisogno di recuperare l’amorevolezza per se stessa e quella cura che le era stata negata. Aveva bisogno di imparare la fiducia nella vita e l’intelligenza del sentire del suo corpo è stata fondamentale per questo recupero.
Un altro passo indispensabile è comprendere che cosa oggi attiva il senso di abbandono. Nel caso della fine della sua relazione d’amore abbiamo visto un esempio doloroso e concreto di come le sue paure si siano materializzate. Anche durante la relazione e la convivenza Denise viveva in costante timore dell’abbandono.
A causa di ciò era gelosa e possessiva tanto da rendere la vita impossibile al suo compagno. La sua insicurezza era lì con lei e nella sua relazione. Pensava sempre che le altre fossero meglio di lei, non capiva perché lui stesse con lei che si sentiva così noiosa e insignificante.
Il suo senso di abbandono era sempre con lei: da piccola non aveva ricevuto tutte le attenzioni che avrebbe meritato e con il lavoro svolto siamo arrivate alla comprensione delle sue ferite profonde. Le abbiamo sentite nel corpo dando tutta l’attenzione al processo di guarigione, ossia curando, portando balsami a quelle ferite, e poi tanta compassione e presenza. In altre parole imparando a meditare cioè a stare con quello che c’è, momento per momento.
Anche se a volte può sembrare faticoso e troppo doloroso è solo così che il dolore può, piano piano, sciogliersi definitivamente. Bisogna imparare a prendersi cura di sé, smetterla di essere troppo esigenti e critici: il percorso di crescita è fatto anche di questo. In tal modo abbiamo aumentato l’autostima di Denise. Così finalmente ha potuto diventare fiera di sé e contenta di quello che è. L’altro passo è stato rendersi conto di tutte le risorse che possiede: interne ed esterne.
Le nostre risorse interne sono tutte le qualità che riteniamo di avere, quelle cose che ci piacciono di noi: l’intelligenza, l’intuito, la capacità di sopportazione e la creatività. Le risorse esterne sono tutte le cose che amiamo fare, cose che ci danno emozione e soddisfazione: un hobby, stare con gli amici, praticare uno sport, aiutare gli altri. Sono anche le persone che frequentiamo e che ci fanno stare bene.
Le risorse sono caratteristiche uniche che possediamo; sono la forza che nasce quando superiamo delle avversità; quando affrontiamo qualcosa che ci sembra difficile, quasi impossibile da superare. Le risorse si sviluppano nei rischi che abbiamo assunto, nell’imparare a volersi bene nonostante tutto quello che non ci piace di noi o della nostra vita.
È la capacità di stare con noi qualunque cosa succeda; di farci compagnia quando stiamo bene e soprattutto quando stiamo male. Le risorse ci portano verso posti nuovi ancora inesplorati, per vivere altri aspetti di noi stessi e trasformare nuove e vecchie situazioni. Tutto questo fa parte della vita. Abbiamo soltanto bisogno di notarlo, sottolinearlo e potenziarlo.
Infine ho aiutato Denise a comprendere quale piccola sfida avrebbe potuto intraprendere per uscire dalla zona di comfort creata in quel particolare periodo della sua vita per proteggersi. Ora che ha compreso che la protezione le porta più disagio che beneficio, ci siamo spostate per andare oltre.
Denise ha deciso di stare, dopo la pratica delle sedute, almeno un paio di serate in casa, da sola; facendo cose che ama, ascoltando musica, scrivendo le sue sensazioni, leggendo un libro. Possono sembrare cose normali per chi sta bene ma per lei erano una sfida difficile da superare. E così ha iniziato da questa sfida per provare ad andare oltre, restando nelle sue sensazioni senza soffocarle.
E ci è riuscita brillantemente: quando l’ho vista, la settimana dopo, in seduta era trionfante. Un sorriso caldo le illuminava il volto. Insomma, era raggiante. I suoi primi passi verso un rinnovato benessere erano stati fatti.
* In rispetto alla privacy, il nome del caso raccontato è stato sostituito.
Prova a rispondere alle seguenti domande; vogliono essere uno spunto di riflessione per comprendere come ti rapporti alle emozioni:
Analizzando le domande e le risposte che spontaneamente puoi dare, potresti accorgerti di avere dei problemi nella gestione delle tue emozioni. Se così fosse, posso assicurarti, che sei simile a molti.
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